DIVORZIO E VANGELO
DIVORZIO E VANGELO
Vorrei conoscere il vostro pensiero riguardo al problema dei divorzi in Italia considerati come una catastrofe (tempo fa l’autorità religiosa cattolica ha anche invitato gli addetti ai lavori - avvocati etc. - a boicottare le procedure di divorzio). Eppure a me sembra di aver letto che di divorzio parla anche Gesù. Mi potete, per cortesia, fornire qualche delucidazione sull'argomento alla luce delle Scritture? Grazie.
Grazie della Sua domanda, la quale presenta diversi aspetti, su ciascuno dei quali si darà una risposta sintetica.
1)Il tema/problema del divorzio su cui in Italia il Legislatore è intervenuto con una apposita legge;
2)il tema/problema dell’intervento dell’autorità religiosa cattolica;
3)ciò che le Scritture dicono sull’argomento;
Quanto al primo aspetto, il Legislatore ha il diritto/dovere di intervenire in una situazione di caos dilagante che interessa migliaia di famiglie per cercare – per quanto la legge possa – almeno di tenere sotto controllo i problemi. Forse pochi Italiani ricordano oggi quale fosse la situazione di molte coppie quando in Italia non vi era l’istituto del divorzio e molte coppie erano “accompagnate” o, come si diceva, “concubine”.
Direi che il Legislatore si è trovato nelle stesse condizioni in cui si trovò Mosè quando, per volontà di Dio, introdusse la norma del “ripudio” (non quella del divorzio, che non esisteva per la legislazione mosaica, nella quale, infatti, era soltanto il marito ad avere diritto di “mandare via” la moglie quando avesse trovato in lei qualcosa di vergognoso; vd. Deuteronomio 24,1-4).
La legge di Mosè non era soltanto religiosa, ma religiosa e civile insieme (il popolo ebraico stanziato nella Terra Promessa visse in una situazione di teocrazia).
Nell’Italia moderna, in cui è presente (o dovrebbe esserlo) una distinzione netta tra religione e stato, tra norme religiose e leggi dello stato, il Legislatore ha formulato norme sul divorzio che, tenendo conto della situazione di fatto, contribuissero a dipanare e controllare situazioni famigliari a dir poco ingarbugliate.
Quanto all’intervento dell’autorità religiosa cattolica, spesso il capo della Chiesa Cattolica Romana interviene su questioni che presentano il duplice aspetto “civile” e “religioso”. Tali interventi sono destinati a far emergere una sorta di conflitto d’interessi tra l’insegnamento di un capo religioso (riconosciuto da molti) e i problemi che quegli interventi possono determinare in campo civile (laddove egli non può dirsi riconosciuto né da tutti né da molti).
Mi sembra che il papa parli e possa parlare ai cattolici romani, e non in genere a tutti i credenti e i cristiani che vivono nel nostro Paese. Occorre poi considerare che molti fra coloro che hanno divorziato e divorziano sono proprio cattolici romani, ivi compresi uomini del nostro stato. È noto che le coppie divorziate costituiscono una ferita aperta nella Chiesa Cattolica Romana, ma la maniera più saggia di rimarginarla è davvero convincere avvocati e giudici cattolici a boicottare i divorzi?
La Bibbia mostra uomo e donna nella loro realtà umana, spesso bassamente umana. Gli errori attuati dagli uomini contro le donne vengono spesso rimproverati con asprezza, soprattutto nella predicazione dei profeti in epoca veterotestamentaria (Antico Testamento). Al tempo di Gesù un marito poteva persino arrivare a ripudiare la moglie per una pietanza cucinata male! Come accennato, il testo biblico considera l’istituto del “ripudio” nella legge mosaica, la quale si applicava ai soli appartenenti al popolo ebraico, e di per sé non vincola oggi in alcun modo chi desidera esser cristiano attenendosi al Vangelo.
In una certa occasione Gesù viene interrogato da alcuni farisei (ottimi conoscitori della normativa di Mosè) che domandano se sia lecito a un uomo ripudiare la moglie « per qualsiasi ragione».
Gesù, che intende richiamare cuore e mente della persona umana a princìpi alti di comportamento, risponde ricordando anzitutto che «da principio» un uomo era stato fatto per una sola donna, e viceversa. La ragione per cui Mosè era dovuto intervenire a regolare la situazione all’interno del popolo ebraico, viene spiegata dal Signore con «la durezza del cuore» umano: egoismi, interessi, violenze, sopraffazioni (specialmente dell’uomo sulla donna), sospetti e cose simili avevano indotto Mosè a formulare la norma del ripudio (protettiva nei confronti della donna). Gesù ribadisce che indubbiamente non era questo il disegno originario di Dio per la coppia umana: «Perciò l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unità a sua moglie e i due saranno una sola carne».
Tuttavia la conclusione dell’insegnamento di Gesù non sembra affatto mostrare una chiusura totale verso il divorzio, lecito (anche se non obbligatorio) almeno in un caso. Egli dice infatti che «chiunque ripudia sua moglie, a meno che non si tratti di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio, e chi sposa una donna ripudiata commette adulterio» (Matteo 19, 9). Non pochi studiosi concordano nel ritenere che qui la «fornicazione» sia da intendersi nel senso di adulterio, specie se continuato. Al coniuge che col suo comportamento ha rotto il patto coniugale non resta che ottenere il perdono del partner (ed eventualmente tornare a viviere assieme) o restare da solo.
Il divorzio viene ammesso dagli Ortodossi per varie ragioni (anche se è visto più come punizione che come soluzione di una situazione problematica). Le varie Chiese evangeliche lo ammettono per il solo caso di adulterio e in favore, ovviamente, del coniuge innocente. La Chiesa Cattolica Romana nega il divorzio per qualsiasi ragione.
Forse, più che intervenire con dei dictat, spesso ignorati da molti, occorrerebbe intraprendere la strada più stretta. La ragione del gran numero dei divorzi nel nostro Paese non può stare semplicemente nel fatto stesso che vi è una legge sul divorzio. Se questa non vi fosse, bisogna riconoscere che ci si troverebbe oggi in una condizione ancor più caotica di quella presente quando le norme sul divorzio non c’erano affatto. La questione è evidentemente più profonda.
Occorre domandarsi seriamente, ad esempio, quali siano le ragioni profonde di tante crisi famigliari; quali siano i modelli seguiti oggi da chi si sposa o da chi decide di vivere una relazione di “compagno-e-compagna”; quali siano le ragioni che fanno sentire ai giovani che il matrimonio è più un gran peso da guardare con sospetto e preoccupazione che un passo da fare con gioia e aspettative; e, quando due intendono sposarsi, quali siano le basi fondanti del loro amore e della loro decisione; quale sia il senso più profondo e concreto dell’essere «una sola carne», e che cosa ciò implichi in termini di affetto, rispetto, responsabilità, stima reciproca sul piano umano, sessuale, psicologico, morale, spirituale: femminile e maschile. In altri termini, occorre mettersi in posizione di ascolto, per comprendere bene quali problemi agitano corpi e coscienze del mondo attuale.
Ovviamente questi discorsi possono esser fatti e compresi più facilmente da credenti i quali accettano la parola del Cristo, mentre gli stessi concetti hanno poca presa su chi non conosce il Vangelo o non accetta quella parola. Per questo l’intervento del Legislatore è necessario sul piano civile e umano.
Quanto ai credenti e cristiani in genere (non solo cattolici romani), forse, se si avesse il coraggio di scandagliare più a fondo quegli aspetti del problema, si giungerebbe a conclusioni ispirate più da una attenzione e un ripensamento profondi che non da ordini autoritari. Ma questa è la strada più lunga e difficile, anche se sembra la più vicina al Vangelo. E il Vangelo, come si sa, lo si propone, non lo si impone.
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