Riflessioni

Vi è più gioia nel dare che nel ricevere

Coscienza buona (1 Pt. 3,21) Vi è più gioia nel dare che nel ricevere (Atti 20,35; Bibbia TOB [Traduction Oecumènique de la Bible], N.T./3) 1. Il principio di generosità attuato da Cristo Gesù (Atti 20,35) Siamo dinanzi a un detto di Gesù ignoto ai vangeli (cosa filologicamente interessante), eppure noto a Luca, quindi originario e autentico. Il contesto è rilevante: siamo a Mileto, durante un pubblico discorso, molto articolato, di Paolo ai pastori di Efeso; adotta una conclusione centrata sul lavoro - secolare e non - dell''evangelizzatore Paolo, che utilizza questa citazione di un detto del Signore altrimenti ignoto. Queste parole di Gesù presentano le due colonne del dare e dell''avere, ma con una peculiarità: mentre la ragioneria e l''interesse fanno guardare primariamente al totale dell''avere, il detto di Cristo pone l''importanza non solo sulla colonna del dare, ma sul modo con cui si dà: cioè la "gioia" con cui si dona. Non a caso è scritto che Dio ama il donatore quando questi dà con "gioia" (2 Cor. 9,7). Il dare per forza non è il genere di dono che Dio gradisce, né egli lo richiede. Il NT, e Paolo in particolare, tratta spesso del dare e dell''avere in termini non puramente economici, ma economico-spirituali; si considerino brani come Filip. 4,10 ss. e 1 Cor. 9,7 ss. Questa pratica dei primi cristiani era radicata nell''esempio di Cristo e nella gioia con cui egli affrontò il suo "darsi" (Gv. 10,17-18 + 16,20-22). 2. Dare se stessi I discepoli, proprio in quanto seguaci del Cristo, sono chiamati a dare se stessi, a imitazione del loro Signore. Il suo darsi fu unico e irripetibile (Eb. 7,27), ma i discepoli possono/debbono imitarlo in molti modi. Dare se stessi a Dio. Come fecero p.es. i credenti di Macedonia (2 Cor. 8,1-5): rendersi conto delle necessità è il primo passo verso una coscienza buona, consapevole, responsabile, matura, la quale poi diverrà attiva e fattiva. Di qui l''importanza del lavoro come fonte di sostentamento personale, famigliare e come strumento per sostenere l''opera del Signore attuata dalla comunità, dentro e fuori la comunità, cioè sia che si tratti di sovvenire ai santi poveri (2 Cor. 8,4) o di sostenere chi predica il vangelo (1 Cor. 9,14). Dare se stessi agli altri. Che dire dell''operosità buona di Tabita (Atti 9,36 ss.)? Come non considerare la generosità di Filemone verso i santi (Fil. v. 7) o la previdenza di Gaio verso i fratelli forestieri (3 Gv. v. 5-8; si trattava con ogni probabilità di predicatori in viaggio)? Imitiamo questi esempi luminosi! Essendo tuttavia pronti anche a cosiderazioni critiche costruttive... 3. ... Dare e darsi sempre e in ogni caso? Già Aristotele (Etica Nicomachea) rispose ponendo qualche condizione... Lo stesso Gesù rifiutò talvolta di concedere miracoli a gente indegna e di dare risposte ai sordi (Lc. 11,30; 20,8). Allora: dare in qualunque caso? dare a chiunque e in ogni modo? Se sì, allora come spiegare l''altro detto di Gesù: "Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle ai porci, che talora non le pestino coi piedi e rivolti contro di voi non vi sbranino" (Mt. 7,6)?! Posso dare me stessa/stesso a compagnie intime, confidenziali ma indegne del Signore che seguo? Ponderiamo il criterio fissato da Paolo in 1 Cor. 15,33. Posso dare me stessa/stesso a desideri sfrenati, idolatrando personaggi famosi, potenti, imitandone i modelli ipocriti, fatti di nulla? È mai possibile che gli occhi che contemplano Cristo s''incantino poi davanti all''Isola dei famosi? Che cosa ha di grande il Grande fratello eccetto il vuoto!? Invidia per le veline? per i loro corpi? per dove sono arrivate? Ma non è evidente che si tratta del peana della plastica? Glorificherò al dio mercato? Loderò il dio potere? Arrivismo a tutti i costi? Il culto del corpo? L''ubriacatura del proprio ego? Certo, purtroppo persino persone di media cultura ignorano del tutto come e quanto una tale ubriacatura dell''immagine marchi di fatto la coscienza, cioè la persona interiore che dovrebbe essere rinnovata dallo Spirito di Dio che agisce solo e soltanto - giova ripeterlo - mediante la parola "ispirata-da-Dio" (2 Tim. 3,16 s.). Sarà forse un caso che la parola divina proibisce il culto dell''immagine, o come oggi si direbbe, il culto del look? Dare in qualunque caso? dare a chiunque e in ogni modo? ... anche ai porci? E se poi mi si rivoltano contro e mi sbranano alterando le mie parole, i miei atteggiamenti, profittando della mia fede e coscienza buone? Ci devo pensare adesso, cioè prima che i cani azzannino. Dunque: considerando bene la raccomandazione ispirata di Pietro (1 Piet. 4,1-4), non dovrei invece dire un coraggioso, evangelico "basta" a cose del genere? "Basta l''aver dato il vostro passato..." La scelta seria è: fare la volontà dei gentili (=pagani) o fare quella di Dio? E se qualcuno mi trova strana/strano perché non sono come gli altri, o perché sono diversa/diverso, ebbene viva la mia stranezza! No: la cristiana e il cristiano non danno né si danno in ogni caso e a chiunque. Non solo non mi dò, ma anzi mi nego recisamente a chi si dimostra indegno del vangelo, all''incredulo, al superficiale, al borioso, al presuntuoso, al pieno di sé, al maleducato, a chi si mette in vista, a chi contraddice Cristo, a chi ricorre alla calunnia per elevare la sua persona miserabile. La parola di Gesù è chiara: le cattive compagnie corrompono... nel mondo si vedono esempi di corruzione fin troppo esplicita in questi mesi, e non solo corruzione sessuale. 4.Dare testimonianza Come Gesù diede la sua testimonianza dinanzi ai potenti politici e religiosi del suo tempo senza vergogna, così deve fare la sua discepola/il suo discepolo. Gesù morì a causa della sua testimonianza... pensiamoci. Morì solo per aver detto: sì, sono io il messia. Un banalissimo reato d''opinione o la testimonianza tangibile e forte di chi aveva piena coscienza (buona coscienza) di sé e del proprio compito? Ecco perché è fondamentale riconoscere Cristo davanti agli uomini (Mt. 10,32). È qualificante "parlare e non tacere" (Atti 18,9). L''identità del credente in Cristo sta anche nel non aver vergogna della sua scelta sobria per Cristo (Rom. 1,15 s.). Temo ciò che mi dirà mio padre? mia madre? il mio ragazzo o la mia ragazza? o il collega? È un timore giustificato. Non ebbe forse paura anche Gesù prima di soffrire? ("Padre, se è possibile, allontana da me questo calice..."). Ma se la mia testimonianza fosse proprio ciò che loro aspettano senza saperlo per poter avere una possibilità di evitare la seconda morte? Si consideri bene la descrizione di Ap. 20,14 + 21,8: debbo temere più questa fine per i miei cari o una loro eventuale reazione negativa oggi, da vivi? Il discepolo di Gesù propone "con dolcezza e rispetto" la sua testimonianza ai vicini, parenti, amici, conoscenti: perché Cristo viene molto prima dei miei affetti e amori di quaggiù. Prima di una moglie stolta che ha rinnegato Cristo, prima di un marito vuoto o di una fidanzata religiosamente insensibile, prima di un padre che vive senza Dio, prima di un collega ignavo rispetto a Dio, prima del mio lavoro. Non dev''essere piacevole essere svergognati davanti al mondo. Meglio essere onorati da Cristo dinanzi all''universo e al Padre (Mt. 10,32). 5. Dare la vita per Cristo Subito si pensa: col martirio? L''immagine può persino attrarre, per quel tanto che c''è in essa di romantico e di cinematografico... Più realisticamente: è possibile che si ripresentino condizioni storiche che richiedano il martirio (Ap. 6,9 s.). Ma consideriamo bene che cosa vuol dire dare la vita al servizio di Cristo e del vangelo. A ben vedere, la mia vita è il tempo che mi è concesso. Persino Gesù ebbe limitazioni in tal senso (Gv. 9,4). E poi: la mia vita è davvero mia? O non è forse vero che io sono di Cristo perché i credenti appartengono a lui e sono stati acquistati a caro prezzo (1 Cor. 3,23 + 6,20)? Dunque: il tempo è davvero mio? O non è forse vero che il mio tempo/vita è di Cristo? Debbo, ancora una volta, ponderare seriamente l''esempio di Cristo servitore, la sua diaconia incoraggiante e positiva: Gv. 13,12 ss. Conclusioni (a ciacuno trarre le sue...) Capite quello che vi ho fatto? (Gv. 13,12). Avete coscienza, consapevolezza di ciò che... ? Coscienza buona perché formata sull''insegnamento della parola di Cristo. Non è la persona che insegna, riprende, ammonisce, ma è la parola di Cristo che penetra e opera, ammaestrando la persona umile di cuore: • principio fondante di generosità in Cristo; • darsi a Dio di tutto cuore; darsi agli altri, ma non senza criterio... • ... negarsi (= non darsi) a chi è corrotto di mente; • dare testimonianza della propria fede, con fiducia, coraggio, speranza; • dare anche il proprio tempo all''opera/servizio del Signore. © R.T., 2010 chiesa del Signore Gesù, Pomezia

Vedi allegato

Torna alle riflessioni