Riflessioni

COME GUARDARE AL PASSATO

Il rapporto del cristiano col proprio passato Come sappiamo la Bibbia insegna ai credenti in molte maniere gli atteggiamenti mentali e comportamentali da assumere in ogni situazione e quindi anche come guardare e considerare il nostro passato personale mentre viviamo nel presente. Ma qual è il peso specifico del passato nella pratica cristiana attuale del fedele? Già nelle prime pagine della Genesi troviamo un esempio illuminante che riguarda la vicenda di Sodoma e Gomorra, città in cui visse per un tempo Lot, nipote di Abramo. L’ammonimento degli inviati di Dio a Lot fu severo, categorico: “Fuggi per salvare la tua vita! Non guardare indietro…” (Gn 19,15 ss.). Lot viene allertato perché metta la maggiore distanza possibile fra sé e quelle città, destinate a imminente distruzione, e assicuri la salvezza dell’intera sua famiglia. In quel momento il concetto chiave era: “non guardare indietro, non voltarsi!” Per contrapposizione, il comando diventava: “guardare avanti!” Davanti alla famiglia di Lot stava la salvezza, il nuovo orizzonte, il luogo della nuova vita approntata da Dio. Conveniva dunque compiere ogni sforzo, metterci il cuore, l’attenzione, l’interesse e, per così dire, “buttare gli occhi” avanti. Lot e le due figlie seguirono la raccomandazione degli angeli; non così la moglie di Lot, la quale forse per curiosità o probabilmente perché ancora attaccata a un passato fresco di indicibili perversioni, si volse indietro. Guardò indietro, vale a dire assunse un atteggiamento nostalgico, come a rimpiangere luoghi e fatti del passato, delle pratiche corrotte, malvage per la visione delle cose che ha Dio, e persino disumane. Eppure sarebbe stato sufficiente correre, puntare avanti, rompere drasticamente con quel passato! Si può dire che “il passato è ciò che il presente lo fa essere” (V. Ruggieri). In altre parole, il significato attuale del nostro passato è ridefinito dal modo con cui si vive il presente. La difficoltà nel separarci del tutto dal nostro passato personale può dunque essere considerata una spia della nostra debolezza spirituale. Si trae da ciò una morale: in quanto uomini di Dio, guai a riesumare il nostro passato, se associato a stili di vita corrotti! Il confronto è fra perdizione e salvezza, fra mondo degli uomini e mondo di Dio, fra tenebre e luce, oltre che fra passato e presente; perciò Dio impone una costante scelta di campo. Gesù, a chi si manifestava titubante verso l’urgenza della sua chiamata, perché impegnato nelle cose del mondo, dichiarò: «Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi guarda indietro, è adatto al regno di Dio» (Lc 9, 62). La frase è molto dura. Anche noi credenti oggi, se non esaminiamo di continuo la nostra coscienza e non ci correggiamo quando necessario, se non siamo solleciti ai richiami di Dio, ma ci riproponiamo comportamenti sbagliati passati, rischiamo di essere inadatti al regno di Dio. Il significato di tutto ciò appare più chiaro quando si passa dalla Bibbia ebraica al Nuovo Testamento. Qui l’inviato di Dio non è un angelo, ma Cristo stesso, figlio di Dio e salvatore. La sua comunicazione urgente è il Vangelo, rivolta a tutti gli uomini di buona volontà, non più a un gruppo specifico di persone. Lo scopo è la salvezza spirituale, non la vita fisica (Lc 12,4 s.) come fu per Lot. Sodoma e Gomorra rappresentano il nostro passato che, per quanto incisivo e negativo, non può mai reggere il confronto con la grazia buona e positiva che Signore ci dona. Chi dunque oggi rifiuta la salvezza offerta da Dio, lo fa volgendosi indietro, come la moglie di Lot. La salvezza è gratuita ma non incondizionata. L’azione salvifica degli angeli fu gratuita, ma subordinata alla condizione di “non guardare indietro”. Così oggi la condizione per ottenere salvezza eterna è confessare Gesù come il Cristo di Dio, che con la morte e risurrezione ci offre la grazia di accedere al Padre mediante la conversione, per poi continuare a osservarne la Parola. Lo stesso Apostolo Paolo, riferendosi ai suoi onori passati, considerati da tutti un gran vanto, dopo essersi convertito mutò opinione e li reputò addirittura “spazzatura” rispetto “all’eccellenza della conoscenza del Signore” (Fil 3,7). Molti fra il popolo ebraico, liberati dalla schiavitù egiziana, si comportarono peggio della moglie di Lot; si lamentavano di continuo del cammino verso la libertà, rimpiangevano la schiavitù e, soprattutto, non confidarono nel Signore. Come dovremmo dunque guardare al passato? Paolo apostolo c’invita a vedere le vicende passate come ammonimento, a non imitare il cattivo esempio dell’antico popolo ebraico, e a tale scopo egli evoca le conseguenze del loro comportamento: Ora tutte queste cose avvennero loro come esempio, e sono scritte per vostro avvertimento, per noi, che ci troviamo alla fine dei secoli […], ma nessuna tentazione vi ha finora colti se non umana; or Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscita, affinché la possiate sostenere (1 Cor 10,11ss.). Attualizziamo l’ammonimento di Paolo, applichiamolo alla nostra vita, che ha comunque radice nel nostro passato personale, affinché possiamo apprendere dal Cristo e dall’esperienza. Questa precisazione ci pone di fronte alla nostre responsabilità dirette, ma ci offre pure la garanzia che il Signore ha provvisto la “via d’uscita” dal male che è in noi e attorno a noi. La “via d’uscita” che ci sta davanti è Cristo Gesù. Per trarre profitto dal nostro passato occorre guardarlo con occhi di profondo ravvedimento. Poniamo attenzione agli scritti dell’apostolo; qui sono menzionati gli esempi da seguire, in particolare di coloro che per ragioni cronologiche non ebbero la grazia di conoscere il Salvatore, ma che furono in grado di vederlo per fede, con gli occhi dello spirito. © Riproduzione riservata – M. Santopietro 2015

Vedi allegato

Torna alle riflessioni