Riflessioni

GRANITA DI MANDORLA CON DIONISIO

Una soave granita di mandorla col vecchio tiranno Dionisio Come innamorato di Siracusa mi sento un po’ prigioniero di questa città, ma l’amore, si sa, non fa sentire il peso del legame. Per questo, dal fondo ideale della latomia in cui sono rinchiuso per amore, ogni tanto grido a Dionisio di Sicilia e scambio con lui qualche battuta. Quando è in buona vena, mi manda giù con la corda una fresca granita e parliamo insieme, ma da lontano. Ha paura dei medici (come dargli torto?), per questo esercita personalmente la medicina: cura, incide, cauterizza… il vantaggio del tiranno è che se i pazienti muoiono, nessuno osa denunciarlo. Ma il tiranno teme sempre che qualcuno voglia fargli la pelle. Evita il rasoio del barbiere, si brucia da sé la barba con un tizzone ardente. È diffidente verso tutti, fratelli, sorelle e persino nei confronti della moglie più amata, perciò le guardie perquisiscono tutti prima di ammetterli alla sua presenza. È ormai vecchio e sta perdendo la vista, per questo ogni tanto mi tratta con un po’ di gentilezza. E mi parla, come se si confessasse. Si dice pentito di aver avvelenato la madre e incarcerato tanti innocenti. Pensa alla morte e mi chiede che ne penso... Io lo accontento, anche se devo gridare perché la mia voce gli arrivi dal fondo della latomia, ma così lo ringrazio della squisita granita preparata per me dai suoi schiavi. Lui, forse perché ne ha uccisa tanta di gente, dice che la morte è brutta. Anche se nessuno l’ha mai potuta raccontare. Di fronte alla realtà della morte, la vita sembra una buggeratura. Io gli ricordo il detto popolare, ''a motti è capricciusa, lassa ''a vecchia e pigghia ''a carusa. Quando si nasce si è già abbastanza vecchi per morire. Per questo occorre riflettere sulla brevità della vita. Problemi, liti, discussioni appaiono inutili e senza senso se visti nella prospettiva di quel che la vita realmente è. Tutti temono la morte, anche quelli che, come Dionisio sembra pensare, ne parlano come di un annichilimento totale. Per difendersi in qualche modo dal timore della morte, si può anche arrivare a scherzarci sopra, a dedicarle canzoni, come fece De André: “Quando la morte mi chiamerà...”. Io però conosco della morte una cosa che Dionisio ignora. Ma gliene debbo parlare con prudenza, per non apparire presuntuoso agli occhi del vecchio ma pur sempre potente tiranno. Il tempo e le esperienze avvisano che la morte è inevitabile e che non capita sempre solo agli altri. E se fosse oggi il mio/tuo giorno? C’è soluzione al problema rappresentato dalla morte? Il tiranno pare ’ncuriusu da queste domande. L’aspirazione dell’uomo è di vivere eternamente e felicemente. Antichi speziali e medici moderni hanno cercato e cercano di allungare sempre più la vita umana. Economisti d''ogni tendenza hanno tentato di rendere questa vita più comoda. Ne è risultata un''esistenza più lunga, ma che non ha soppresso dolore, preoccupazioni, sofferenze e soprattutto morte. Sarà dunque sterile per l’uomo il sogno di una vita lunga, imperitura? Mi decido e parlo a Dionisio di Cristo Gesù, il quale dice: "Non temere! Io sono la vita. Chi crede in me, anche se muore vive" (Giovanni 14,6; 11,25). Il tiranno mi risponde che di certo questo Gesù è un pazzo. Uno che dice cose assurde sotto apparenza di verità. Io però insisto. Dobbiamo fidarci di Gesù. Non è un esaltato. Cristo Gesù è l’essere più attendibile ed equilibrato mai apparso sulla terra. Occorre fidarsi di quanto dice, perché Gesù non solo è morto come tutti, ma è anche risorto, il che nessun altro ha mai potuto attuare. Dionisio si distrae. Non capisce la risurrezione. Eppure, finché non si riuscirà a dimostrare che le narrazioni bibliche sono pura leggenda, bisogna credere a Gesù, perché colui che ci ha detto di essere nostra vita ha documentato questa sua affermazione con la sua risurrezione da morte. I testimoni sono chiari in proposito: "Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti" (Atti 10,42). Gesù è vita perché solo lui ha lasciato una tomba vuota nel cimitero del mondo. Egli è divenuto per noi Spirito che dà vita (1 Corinzi 15,45). Gesù Risorto possiede in così alto grado la vita stessa di Dio da esser chiamato "Figlio di Dio". Ma Gesù non vuole tenere per sé la sua vita abbondante. Vuole farne parte anche a noi: "Io sono venuto perché abbiano vita, e l’abbiano ad esuberanza" (Giovanni 10,10). Per questo il suo consiglio è che "nasciamo di nuovo" (Giovanni 3,1 ss.). Questa nascita "nuova" è condizione essenziale per aver parte alla sua vita. Non basta esser nati alla vita terrena. Gesù dice a Nicodemo: "Non ti meravigliare se ti ho detto ''Occorre che nasciate di nuovo''. Ciò che è nato dalla carne è carne, e ciò che è nato dallo Spirito è spirito. Perciò in verità io ti dico che se un uomo non è nato d''acqua e di Spirito non può entrare nel regno di Dio" (Giovanni 3,5). Questa rinascita – suscitata dalla fede nella Parola di Dio, dalla quale sappiamo che Gesù è il Cristo – comporta un ravvedimento continuo, una continua morte al peccato, alla vita terrena chiusa nel proprio io “tirannico” (!), e un''apertura all''amore di Dio. Invito Dionisio a vincere la morte grazie a Cristo, ma lo vedo un po’ distratto, schiavo com’è delle sue paure e superstizioni. Chi ama in Cristo è veramente libero, ma chi ha paura della verità di Cristo è il vero schiavo. © Riproduzione riservata – RT 2017

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