Riflessioni

LA BOMBA DELL''EVANGELO

Quando esplode la bomba dell’evangelo “Ero straniero e non mi avete accolto (Mt 25,43) #Aquarius” “ERO STRANIERO E NON MI AVETE ACCOLTO (Mt 25,43) #Aquarius”. È il tweet, con la frase tratta dall’evangelo di Matteo, diffuso l’11 giugno scorso dal biblista, cardinale Gianfranco Ravasi, ministro della Cultura del Vaticano. La frase è rivolta da Gesù a coloro che saranno i “maledetti, nel fuoco eterno” – mentre ai “benedetti” dice “ero straniero e mi avete accolto”. Visto l’hastag utilizzato, il riferimento esplicito è alla vicenda della nave con a bordo 629 migranti cui per ordine del ministro Salvini è stato vietato l’attracco nei porti italiani. Il tweet del cardinale Ravasi è stato oggetto di molti commenti malevoli e persino di minacce da parte dei sostenitori della scelta del ministro di chiudere i porti italiani. Mentre scrivo, la nave sembra sia diretta al porto di Valencia, scortata da due navi italiane che forniscono assistenza. Si può sperare in un lieto fine per la gente sulla nave almeno in questa occasione? Non interessa qui primariamente l’aspetto politico della faccenda. È invece importante osservare come la semplice citazione, appropriata al contesto dei fatti, di appena sette parole dell’evangelo (in greco sono sei) abbia sollevato reazioni di ogni genere, dalle più ostili e critiche alle più amichevoli e benigne, dalle intimidazioni alle difese. Come mai? Che cosa ha provocato tutto ciò? Qualcuno – certo, un eminente biblista – ha semplicemente citato un frammento dell’evangelo, lo ha citato ad hoc e la bomba dell’evangelo è esplosa. Finalmente, dinanzi a qualche parola dell’evangelo, ci sono state reazioni. Cattive o buone, ma reazioni. Reazioni vere, sentite, di gente che scrive dicendo del bene o del male, ma che reagisce. Finalmente reagisce alla semplice citazione, è bene ripeterlo, di un modesto frammento della Parola di Cristo. Che una tal cosa sia accaduta è oggigiorno quasi un miracolo. Fateci caso. Che cosa succede, che cosa succede per davvero, quando il mercoledì o la domenica predica Mario Bergoglio? Che accade mai quando predicano i pastori valdesi, luterani, avventisti, evangelici? Che succede quando predicano certi incravattati predicatori pentecostali o geovani o gli scamiciati predicatori di questa o quella confraternita o conventicola? Nulla. Nella stragrande maggioranza dei casi non accade proprio nulla. Si fa un bel sermone, ben preparato, con versetti biblici ben collegati (quando va bene), persino ben presentato, anzi presentato talvolta con tanto di apparato cinematografico, poi lo si conclude con una parenesi adatta, forse anche con il retorico “amen” finale e poi... appena dieci minuti dopo, la gente – sia molta radunata a San Pietro sia poca raccolta altrove – si mette a parlare del più e del meno, del clima, del ristorante dove andare a mangiare, dell’orologio nuovo... Sì, forse qualcuno si è commosso per un’espressione intensa usata dal predicatore, qualcuno ha sorriso per quella frase, alcuni applaudono... ma subito si torna a parlare di quella recente notizia politica o di un evento sociale o della crisi economica, si parla della famiglia, dei figli, di medici, ci si informa sulle condizioni di salute, si parla di viaggi, ci si intrattiene sulle ultime novità del calcio e del calcio mercato, le signore si complimentano per il vestito nuovo o per il nuovo taglio dei capelli... Ma una reazione, una reazione furiosa o affettuosa, una reazione verace e sentita alle parole di Vita dell’Evangelo non c’è quasi mai. Il “quasi” è ottimistico. Ed ecco che, invece, la citazione di poche parole dell’Evangelo fa esplodere la bomba. Improvvisamente ecco il feed-back. Al tweet di sette sole parole evangeliche segue immediata la reazione, anzi seguono reazioni di ogni genere. Evviva! Non siamo morti. Non ancora. Con una iperbole si potrebbe quasi dire che reazioni del genere non si registravano dai tempi del sermone che costò la vita a Stefano, dai tempi delle dimostrazioni bibliche che valsero a Paolo persecuzioni e attentati, dai tempi degli infuocati sermoni di Martin Lutero o di John Keble (leader del Movimento di Oxford) e, per venire più vicino a noi, dai tempi delle lezioni coltissime di Raffaello Paone, dai tempi in cui, negli anni ’50, per aver proclamato l’evangelo mediante il noto biblista Fausto Salvoni, accadde che Rodolfo Berdini e la comunità di Aprilia ebbero il luogo d’incontro distrutto da giovani dell’Azione Cattolica. Tutti avvenimenti ormai dimenticati da chi coltiva una religiosità oppiacea, priva di conoscenza (Osea 4,6). Ma veniamo a noi. Che cosa è successo oggi? Come mai queste reazioni alla pur breve citazione di Ravasi? Come spiegarle? La spiegazione non è difficile da trovare e da verificare. Inizialmente si potrebbe dire che la citazione di Ravasi è stata così appropriata e puntuale da suscitare, appunto, il gran vespaio. Altri troveranno spiegazioni legate al presente momento sociopolitico e al cambiamento totale che stiamo per vivere in Italia – mai nessuno che si ricordi della lezione di Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo, tutto cambia perché nulla cambi. Ma c’è di più. Infatti, finché la predica, il sermone, l’omelia servono primariamente a far sì che l’oratore (predicatore, pastore, presbitero, vescovo) si guadagni il salario (pur secondo il “diritto” evangelico: 1 Corinzi 9,14), ogni reazione è improbabile. Finché la predica, il sermone, l’omelia servono a rassicurare, accarezzare, blandire, calmare, placare, consolare, confortare, addolcire, la reazione è altamente improbabile. Va bene rassicurare con la forza della Parola di Dio. Va bene confortare con la speranza/certezza della risurrezione. Va bene placare con la bellezza della fede fiduciosa. Ma, come il grande ebraista Paolo De Benedetti ha scritto, se l’evangelo “non inquieta” vuol dire che c’è qualcosa di malsano, anzi di pericoloso nel modo in cui parole e versetti biblici vengono utilizzati. Tanto è vero che, all’occasione, quando le parole di Cristo vengono utilizzate come il cacio sui maccheroni, e non per narcotizzare, ecco che la bomba esplode. Esplodono – finalmente! – reazioni di ogni genere. È esattamente questo ciò che intende Gesù quando afferma: “Io sono venuto ad accendere un fuoco sulla terra, e cos’altro posso bramare se non che si accenda?” (Luca 12,49). E ancora dice: “Non crediate che sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a portare la pace, ma la spada! Sono venuto infatti a opporre un uomo contro suo padre, una figlia contro sua madre, una nuova contro sua suocera, e i nemici dell’uomo saranno proprio quelli di casa sua” (Matteo 10,34). Non bisogna illudersi. Gesù cancella ogni illusione. L’evangelo è davvero suo, è evangelo di Cristo, solo se è fuoco e opposizione. Ed è tale se e quando fa esplodere come bomba metaforica, ma realissima, le contraddizioni di una generazione che è “maledetta”. Maledetta non perché qualcuno, uomo o dio, la maledice, ma perché “non ha accolto” Cristo, lo ha rigettato per preferire egoismo, finzione, esteriorità, cattiveria, violenza, superbia, insensatezza, mancanza di criterio, malignità (Romani 1,18 ss.). La gente di questa generazione non sembra reagire più alla parola dell’evangelo perché ha volontariamente reso la propria mente “insensibile” alla parola di Cristo (Matteo 13,15). Per onestà occorre chiedersi se complici di questa narcosi morale spirituale non siano anche quegli infedeli pastori/predicatori di ogni chiesa, che cullano le menti della gente affinché si senta psichicamente soddisfatta, in modo che dopo la predica, il sermone, l’omelia... possa finalmente parlare d’altro. Di ciò che interessa. A questa generazione non gli si può più neanche citare un frammento di brano biblico. Che il Misericordioso illumini Lui le menti e usi misericordia verso questa generazione. Che il “fuoco” dell’evangelo avvampi, bruciando cuori e stoppie. Prima che sia tardi. © Riproduzione riservata Roberto Tondelli – 06 2018 cnt2000@alice.it

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