Facciata e sostanza
Facciata e sostanza
Varie iniziative per sensibilizzare tutti a
TORNARE A GESÙ. CHE COSA C’È DOPO LA MORTE - LE PRIORITÀ DELLA NOSTRA VITA – SENSO E NONSENSO DELLA VITA, CON CRISTO E SENZA CRISTO
La storica Lucetta Scaraffia
In un articolo apparso su L’Osservatore Romano (21.07.2018), organo del Vaticano, la storica Lucetta Scaraffia presenta ottime osservazioni sulla serie televisiva a sfondo religioso “Il miracolo”, simile per molti aspetti all’altra serie “The Young Pope” (Il giovane papa). Scaraffia nota come entrambi gli sceneggiati presentano la religione cristiana come più vicina al genere “mistery” che al cristianesimo: “Del cristianesimo rimane la facciata — le devozioni, le statuette di plastica e le processioni di paese, il clero rappresentato in forme quasi caricaturali pur nelle note drammatiche di una crisi evidente — ma niente della sostanza, cioè dell’insegnamento evangelico”. Si tratta, afferma la storica, di un “gigantesco fallimento dell’evangelizzazione che si incontra/scontra, però, con l’insopprimibile necessità dell’essere umano di trovare un senso nel dolore e nella morte, di riconoscere quanto di se stesso sente esistere ma sfugge a ogni comprensione, cioè il mistero” (il neretto è mio).
Proprio per riscoprire la “sostanza” della fede in Gesù Cristo, cioè proprio per gustare in tutta la sua bellezza, profondità e verità “l’insegnamento evangelico” genuino, si tengono nelle prossime settimane varie iniziative e incontri sul TORNARE A GESÙ. CHE COSA C’È DOPO LA MORTE. LE PRIORITÀ DELLA NOSTRA VITA. SENSO E NONSENSO DELLA VITA, CON CRISTO E SENZA CRISTO.
È almeno possibile che se gli sceneggiatori delle due serie televisive hanno presentato la fede cristiana come una sorta di “mistery” (mistero) ciò sia dovuto al fatto che spesso la fede stessa è insegnata proprio come mistero, “mistero della fede”, invece che essere insegnata e appresa come svelamento del dono di salute spirituale morale in Gesù Cristo, salvezza per tutti gli esseri umani rivelata e regalata in Gesù Cristo mediante la fede fiduciosa e ubbidiente alla sua persona, la quale si incontra nell’insegnamento evangelico, radicato proprio nell’evangelo di Gesù Cristo. Sta qui la “sostanza” che la Scaraffia non riesce a trovare nei due sceneggiati televisivi, che pure hanno grande successo. Successo fondato purtroppo, anche, sull’ignoranza (nel senso di “ignorare”) dell’evangelo, del Nuovo Testamento.
La Scaraffia osserva che nei due filmati c’è solo la “facciata” del cristianesimo, eretta con le devozioni, le statuette di plastica, le processioni di paese e un clero caricaturale; il tutto mostra una drammatica ed evidente crisi religiosa. Qui bisogna proprio dire: purtroppo. Non è forse vero che per molto, molto tempo si è ritenuto che devozioni, statuette di plastica, processioni paesane e clero potessero essere sufficienti a mantenere la fede viva? Ma quale fede? Fede in chi e/o in che cosa? Fede con quali fondamenti? su che cosa e su chi? E che vuol dire fede “viva”: viva grazie a statuette e processioni? Qual è la fede “viva”? Chi può realmente dare “vita” alla fede? La domanda cruciale è: chi può accendere la fede fiduciosa nel cuore umano, che è la mente della persona pensante? Qual è dunque, se mai c’è, la fonte stessa della fede?
Si tratta, come è evidente, di domande focalizzate sulla “insopprimibile necessità dell’essere umano di trovare un senso nel dolore e nella morte”, come ben scrive la professoressa Scaraffia, soprattutto in una società per la quale ha sempre più senso la domanda: si è cristiani di facciata o di sostanza?
La Scaraffia, con acume e onestà intellettuale, parla di “gigantesco fallimento dell’evangelizzazione”, stando almeno ai due sceneggiati televisivi. Ciò pone un problema cruciale: in che cosa consiste, secondo la volontà di Dio, la “evangelizzazione”? Se devozioni, statuette di plastica, processioni paesane e clero caricaturale costituiscono il fallimento della evangelizzazione, allora: che cosa costituisce realmente la “evangelizzazione”? E poi: evangelizzare chi? Evangelizzare che cosa? In che modo evangelizzò Gesù Cristo? Come evangelizzarono gli apostoli e i primi discepoli di Cristo? Quale fu il loro “metodo” di evangelizzazione? Importarono forse da qualche parte un “sistema per evangelizzare” oppure una “struttura” per evangelizzare? Solo lo sguardo lungimirante della storica poteva parlare di “gigantesco fallimento dell’evangelizzazione”. Anche se il riferimento è a due sceneggiati televisivi, il popolo di Dio non può non riflettere criticamente su questo aspetto cruciale.
Se la “evangelizzazione” è – e di certo lo è – una cosa seria perché radicata nella stessa morte e nella stessa risurrezione di Gesù Cristo, può mai essere attuata promettendo protezione e posti di lavoro agli “evangelizzati”? Può l’evangelizzazione essere attuata promettendo villini e appezzamenti di terreno agli “evangelizzati”? Si può davvero evangelizzare attirando gli “evangelizzati” con speciali aderenze, con particolari agganci, appoggi, conoscenze e contatti? Ma che tipo di “evangelizzati” saranno mai coloro che sono stati “evangelizzati” così? Facciata o sostanza?
Nell’evangelo di Giovanni Gesù afferma che Dio “attira” le persone a Sé, e quindi a Suo Figlio. In che modo Dio esercita questa benefica e amorevole “attrazione”? forse mediante lezioni gratuite di lingua inglese, come fanno gli amici mormoni (e non solo loro) nel Sud d’Italia? E che accade se uno non vuole farsi attrarre da Dio? Che cosa mai significa che Dio attrae? E, dato che ce ne sono molti e per tutti i gusti, quale Dio attrae?
A queste e ad altre domande non ci sono risposte facili – e se ci sono, le si lascino ai faciloni di ogni provenienza. Cristo Gesù chiaramente afferma che la sua via è stretta e aspra. Lo dimostra il Golgota. Forse faremmo bene a riflettere tutti, con rigorosa critica e autocritica, sul “gigantesco fallimento dell’evangelizzazione” menzionato dalla Scaraffia.
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Roberto Tondelli – 09 2018
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