Riflessioni

MAESTRO UNICO

Maestro unico Il fascino della predicazione del Signore sta nel frequente uso di immagini e paragoni Lev Tolstoj Occorre indirizzare bene la nostra ammirazione. Non agli uomini (“sia Dio riconosciuto verace, ma ogni uomo bugiardo”) né a povere creature umane, viventi o defunte, ma al Cristo risorto va la nostra riconoscenza e passione. Occorre riflettere sull’intima bellezza di Cristo. Dopo il battesimo nel Giordano, egli trascorre quaranta giorni nel deserto. Strano esordio per chi ha il compito di parlare agli uomini. A noi, abituati come siamo a vivere nel rumore e nel movimento, riesce ben difficile comprendere l’utilità della permanenza solitaria in un luogo sconfinato e silenzioso. Ma per la mentalità ebraica il deserto è luogo di rifugio e di rivelazione. Sembra, inoltre, che nessun luogo sia più indicato del deserto per osservare il cielo. L’assenza di umidità e la trasparenza dell’aria accrescono lo splendore delle stelle, altrove offuscato. Forse proprio lì, nel silenzio del deserto, Gesù concepisce le sue parabole più belle, gli insegnamenti di vita eterna. Il calore del giorno, il freddo della notte, gli elementi di una natura ostile gli avranno più di una volta suggerito la necessità di ritornare alla vita normale, alle cose rassicuranti e consuete. Ma per lo spirito, l’ordinario è talvolta peggiore del deserto. Il vento che lacera, il sole che non dà tregua, le privazioni hanno una ragione e un significato, possono risultare perfino desiderabili rispetto ad una vita immersa nel nulla. Grande momento di ispirazione, dunque? Credo proprio di sì. Le parabole del Figlio di Dio sono spontanee ed efficaci illustrazioni della vita di ogni giorno. Ciò che conferisce fascino alla predicazione del Signore è il frequente uso di immagini e di paragoni. Alle parole di Gesù fanno da sfondo il cielo, il lago, le campagne. A volte egli si avvale del vicino albero, della stagione in corso, del cielo rosseggiante come un purpureo bagliore d’incendio, oppure della bionda distesa di spighe ondeggianti. Le parabole, in particolare, sono il sottile ordito e l’avvincente sintesi della Sua predicazione; esse sono come certi quadri d’arte moderna, bisogna guardarli a debita distanza per poterne cogliere la nota principale nella giusta prospettiva. La divina bellezza di questi racconti di Gesù, percepiti nella loro vera luce, emerge con incanto persuasivo. Allora essi sembrano degni di essere inseriti tra le cose più belle che il mondo possiede, e il dolce Signore delle parabole ci appare il creatore di questo genere di letteratura tanto efficace nella conquista dell’intelligenza e della volontà. Scrive Giovanni Pascoli: “Ben più e ben meglio che i modelli di stile, esse sono voci divine di una penetrante semplicità” (Antologia). Non sembra esagerato constatare che, a volte, il più piccolo fiore che spunta può suggerire pensieri così profondi da suscitare commozione. La più piccola parabola di Gesù è una vera perla della celeste sapienza, che Egli dispensò all’umanità per attirarla a Sé e indurla a riflettere sulle cose celesti ed eterne. In questi brevi racconti, Gesù vive. In essi il suo immenso divino genio salvifico si svela. L’ambiente famigliare, la dolce intimità della casa con le sue abitudini e i suoi utensili, la porta stretta o larga, il sale, il pezzo di stoffa nuova posta sul vestito logoro, la piccola luce accesa sopra il moggio e i bambini che dormono accanto al loro papà; ogni cosa, in cielo e sulla terra, può essere utilizzata da Gesù, nelle sue parabole, come sapiente colpo di pennello per i Suoi quadri, come immagini di rara bellezza per le sue poesie, come note gentili per la sua musica divina. Riportiamo, a questo punto, le brevi impressioni di due insigni scrittori, Blaise Pascal e Lev Tolstoj. Pascal scrive: “Gesù Cristo non partecipò alle predicazioni della scienza, ma rimane nella sua sfera di santità. Non diede alcuna invenzione, non regnò, ma fu umile, paziente, santo, santo a Dio, terribile ai demoni, senza alcun peccato. Oh, con qual pompa egli apparve agli occhi del cuore che vedono la saviezza e con qual prodigiosa magnificenza!” (Pensieri). Tolstoj si esprime così: “L’anima aperta ad ogni bella ispirazione, il cuore aperto a tutte le pure tenerezze, la vita aperta a tutte le gioie, lo spirito aperto a tutti i mobili sviluppi, la volontà pronta a tutte le somme obbedienze, l’uomo acceso da ogni sacro entusiasmo. Ecco la buona novella di Gesù”. Se le parabole di qualunque altro maestro fossero perite, se la sapienza di Socrate o di Aristotele e l’eloquenza di Cicerone o la poesia di Eschilo o di Sofocle fossero andate perdute, il nostro mondo forse sarebbe diverso da quello che è. Ma se le parabole di Cristo si fossero spente nel silenzio o fossero state inghiottite dall’oblio, oppure non fossero mai state pronunciate, il nostro mondo sarebbe non solo lontano dalla saggezza e dalla bontà, ma anche privo di speranza. Ecco perché occorre tornare a imparare la fiducia dal Maestro unico; in lui si trova un corpo unico, un unico Spirito, un’unica speranza, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un Dio Padre di tutti. Ma per imparare occorre umiltà. © Riproduzione riservata Rodolfo Berdini

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