Riflessioni

Homo technologicus e salvezza

Salvezza-bontà o “micidiale imbecillità”? Galileo ebbe fede in Dio e scoprì la scienza moderna. Gesù ebbe fede in Dio e scoprì la vita in Dio Il filosofo Maurizio Ferraris Avete notato che la parola SALVEZZA è molto utilizzata? Una rapida analisi di linguistica statistica mostra l’alta frequenza di questo termine nei mezzi di comunicazione. Salviamo la Terra, diceva quel milione di giovani che solo qualche giorno fa chiedeva ai politici, criticandoli, risposte concrete ai seri problemi dell’ambiente sollevati dalla giovane Greta Thunberg. Facciamo qualcosa per salvare il Monte Bianco, dove il ghiacciaio Planpincieux si sta sciogliendo, con grave pericolo per possibili crolli sulle case sottostanti. L’organizzazione spagnola Open Arms ha appena salvato una ventina di persone, emigranti, al largo del porto di Lampedusa – anche se purtroppo diverse donne e bambini sono annegati. “La perdita di vite umane in mare è una tragedia inaccettabile e insopportabile” (così la ministra Paola De Micheli). L’Europa comincia dal Mediterraneo e qui si deve provvedere alla salvezza di vite umane. In margine ai recenti incontri OnLife al Politecnico di Milano, l’accademico Maurizio Ferraris si è posto “poche domande (e giuste) che salveranno l’uomo”, anche se una “micidiale imbecillità” caratterizza l’uomo che può sempre scatenare una guerra atomica e per pura idiozia appicca il fantoccio di Greta Thunberg sotto un ponte di Roma. Le domande poste da Ferraris sono: “che fare” per restare umani nell’epoca della tecnologia? Ancora: da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? E l’ansiosa domanda: che sarà di noi? Domande antiche eppure attualissime. È bene che si faccia tutto il possibile per salvare il pianeta Terra. È bene salvare montagne e alberi, risolvere il problema delle plastiche in mare, salvare vite umane e porsi domande concrete sulla salvezza della nostra stessa “umanità” mentre da homo sapiens stiamo diventando homo technologicus. Eppure, se anche fossimo già riusciti a salvare la Terra, gli alberi, il mare, i monti; se avessimo organizzato le cose così bene da salvare le vite di tutti i migranti, il problema della SALVEZZA rimarrebbe, perché rimarrebbe il problema di salvarci dalla morte. Anche l’homo technologicus non è capace di salvarsi dalla morte. Anche lui ha bisogno di salvezza. Maurizio Ferraris afferma ancora che, nonostante il limite del cimitero, “c’è un senso in cui gli umani sono riusciti a creare dei fini che vanno al di là della fine immanente della vita biologica… siamo oggi in grado, se dotati di volontà buona, di dare una risposta non futilmente catastrofista alla sacrosanta domanda: che sarà di noi?” (l’enfasi è mia). Antonino Zichichi ricorda che la scienza moderna è iniziata con una atto di fede fiduciosa. Galileo confidava che il Creatore avesse fatto le cose (le leggi della natura) utilizzando mezzi semplici. Così utilizzò un sasso attaccato a uno spago per fare un pendolo e una tavola levigata e inclinata per rallentare la gravità. Per fede riuscì a scoprire tante cose. È proprio la fede che muove gli umani verso fini che vanno oltre se stessi. Fra tutti gli esseri umani che sono riusciti a creare scopi che vanno al di là della morte come dimenticare Gesù di Nazaret che è risorto alla vita del Padre? Galileo ebbe fede in Dio e scoprì la scienza moderna. Gesù ebbe fede in Dio e scoprì la risurrezione e la vita in Dio. Prendendo in braccio il bambino Gesù, l’anziano Simeone esclama: “I miei occhi hanno visto la tua SALVEZZA, preparata da Dio davanti a tutti i popoli” (Luca, 2). Dinanzi al sincero ravvedimento del ladro pubblico Zaccheo, Gesù dice: “Oggi la SALVEZZA è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; il Figlio dell’uomo infatti è venuto A CERCARE E A SALVARE ciò che era perduto” (Luca, 19). Pietro apostolo testimonia la salvezza in Cristo quando, dinanzi a un tribunale che aveva su di lui diritto di vita o di morte, afferma che “Gesù è la PIETRA che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata d’angolo. In nessun altro c’è SALVEZZA”; non c’è infatti altra persona sotto il cielo nel quale possiamo essere SALVATI” (Atti, 4). Pietro apostolo dice che la “pietra” fondante è Gesù (non Pietro stesso). Gesù è colui che salva (non Pietro). Paolo apostolo scrive: “Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza [dúnamis] di Dio per la SALVEZZA di chiunque crede… nell’evangelo la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede, come è scritto: Il giusto per fede vivrà” (Rom. 1). La fede fiduciosa, essenziale anche per l’homo technologicus, ha una sua altissima fonte freschissima: “La fede viene dall’udire, e l’udire viene dalla parola di Dio” (Rom. 10). Se si rilegge la citazione del filosofo Ferraris, notiamo come egli usi l’espressione “volontà buona”e anzi attribuisca a questa volontà buona la capacità di dare risposte sobrie alla domanda “che sarà di noi?” Ma da chi imparare la BONTÀ? Gesù chiama “buono” solo suo Padre. All’inizio della Genesi troviamo l’aggettivo “buono” riferito al creato: “E Dio vide che questo era buono” (Gen. 1), per cui almeno originariamente ogni cosa era caratterizzata da “bontà”. La sorgente pura della bontà sta solo in Dio e in colui che egli ha inviato, Gesù Cristo. Se riusciremo a ri/scoprire questa fonte pura di bontà, bellezza, autorevolezza, sicurezza potremo dissetarci ad essa e trovare quella fede fiduciosa di cui oggi c’è tanto bisogno per camminare sulla via della SALVEZZA. Gesù ha creato uno scopo che va al di là della nostra fine biologica. È uno scopo che riguarda tutti gli uomini “una folla immensa che nessuno poteva contare, proveniente da tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue, che stava in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello… E gridavano a gran voce, dicendo: LA SALVEZZA appartiene al nostro Dio che siede sul trono, e all’Agnello” (Apocalisse, 7). Siamo dunque di fronte a un moderno bivio antico: micidiale imbecillità umana da un lato, salvezza-bontà in Cristo dall’altro. A noi la scelta. © Riproduzione riservata Roberto Tondelli (Libertà Sicilia, 10/2019) email: cnt2000@alice.it

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