Siamo tutti ebrei
Perché non possiamo non dirci ebrei
«Ricordare», fare memoria, significa attualizzare ad oggi cose antiche, vere, presenti
Sia nella barocca città siciliana di Noto sia nella civile città piemontese di Mondovì si sono avuti recentemente episodi di antiebraismo. Qui non si tenterà neppure di dire quanto tali fatti siano incivili, ignobili, vergognosi, disumani. Si vuole invece ricordare soprattutto ai cristiani, tiepidi e ferventi, che siamo tutti ebrei. Non possiamo non dirci ebrei.
Per dimostrarlo, ricordiamo una antica promessa riguardante il padre di tutte le persone di fede, Abramo. La sua vicenda è narrata nella Genesi. Abramo, insieme alla moglie, Sarai, e al nipote Lot, «uscì da Ur dei Caldei» per dirigersi verso Canaan/Palestina, abbandonando così il suo parentado (Genesi, 11). Dio promette ad Abramo: «Farò di te un grande popolo e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e diventerai una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e maledirò coloro che ti malediranno, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Genesi, 12). Il «popolo» di cui qui si parla è quello ebraico. Abramo ne è infatti il capostipite. Non solo Dio benedirà Abramo e i suoi discendenti e coloro che li benediranno, ma maledirà coloro che li tratteranno male o con leggerezza (così dice il testo biblico). La stessa benedizione viene ripetuta in più modi: «Ti benedirò… tu sarai una benedizione… benedirò coloro che ti benediranno… grazie a te tutte le famiglie della terra si benediranno in te». La ripetizione della promessa indica la sua importanza vitale «per tutte le famiglie della terra». Qui non c’è alcuna iperbole. È proprio la promessa di Dio riguardante tutti i clan/popoli/famiglie della terra; promessa universale, globale.
Anche le Scritture dell’evangelo, riprendendo quella promessa, parlano di Abramo e dei suoi discendenti in termini alti. Nelle Scritture cristiane Abramo è molto citato. È il padre, o capostipite, di tutti i credenti. La fede fiduciosa di ogni credente deve ispirarsi, deve imitare e anzi deve fondarsi sulla fede di Abramo. La antica letteratura cristiana considerava Abramo paradigma della fede in Cristo, cioè vero e proprio modello di fede. La Lettera agli Ebrei, che fa parte integrante del canone delle sacre Scritture, cita per ben due volte la fede dell’ebreo Abramo:
Per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava [cioè, appunto, partì per fede fiduciosa!]. Per fede soggiornò nella terra promessa […] come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Abramo aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso. […] Per fede Abramo, messo alla prova, offrì Isacco e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unico figlio, del quale era stato detto: In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe e fu come un simbolo» (Ebrei, 11).
Abramo l’ebreo è davvero il padre di tutti i credenti. Infatti un famoso insegnante ebreo credente, Saulo di Tarso, scrive che «Abramo ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia. Sappiate dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunziò ad Abramo questo lieto annunzio: ‘In te saranno benedette tutte le genti’. Di conseguenza, quelli che hanno la fede vengono benedetti insieme ad Abramo che credette» (Galati, 3). Parole che dovrebbero far riflettere. Il ragionamento così termina: «E se appartenete al Messia, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa».
In base ai brani citati sopra, si deve quindi concludere che la fede di tutti i credenti oggi è fortemente e saldamente ancorata alla fede nel Signore (Yahweh) dimostrata da Abramo con i fatti e le scelte della sua vita. Abramo abbandonò ogni cosa per andare verso una terra sconosciuta, proprio come fa il credente: un giorno dovremo lasciare tutto e continuare il viaggio verso luoghi ignoti. Occorre fede per fare così. E Abramo può essere anche per noi un grande esempio di fede fiduciosa. Mentre facciamo oggi il nostro viaggio qui sulla terra, possiamo fare esperienze di fede proprio come fece Abramo. Poi possiamo prepararci oggi a lasciare domani ogni cosa – c’è forse qualcuno che ha potuto portarsi dietro anche una sola delle cose a cui tiene tanto? La fede, inoltre, è compagna della speranza e della certezza derivanti, appunto, dalla fiducia, che a sua volta è basata – o dovrebbe essere basata – sulla parola del Signore. Abramo si mosse sulla base della parola udita dal Signore. Infatti la fede che spera e agisce in ogni credente si basa anch’essa proprio su quella parola. Abramo sapeva bene che solo la parola del Signore era degna di fede, perché è parola verace, sicura, stabile. Quando fa una promessa, la mantiene, anche a dispetto della inciviltà, della ignobiltà, dei comportamenti vergognosi, delle azioni disumane. Abbeveriamoci dunque anche noi, credenti o meno, alla fede fiduciosa di Abramo, vero capostipite nella fede. Godremo così anche noi di quella benedizione che il Signore già promise a lui e a quanti, come lui, avrebbero nutrito fiducia nel Signore. Nella società Occidentale attuale, così priva di fiducia, l’esempio di Abramo può forse ancora illuminare molti? Chissà. Comunque, ogni ragionamento sensato sulla fiducia non può mai prescindere dalla domanda cruciale posta da un uomo di fede, un discendente di Abramo, che si chiese: «Ma quando il figlio d’uomo verrà, troverà la fiducia sulla terra?»
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Roberto Tondelli (Libertà Sicilia 02 2020)
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