Riflessioni

Gesù e i bambini

Il poeta e il bambino

L’infanzia è la sola età dell’uomo in cui il suo cuore e il suo cervello non sono ancora intorbiditi o intorpiditi [Giorgio Caproni (1912-1990)]

In un bell’articolo sul grande poeta Giorgio Caproni, morto il 22 gennaio di trent’anni fa, Paolo Mattei ne delinea la figura e l’opera (Lo stupore del maestro bambino in Osservatore Romano, 18/02/2020). Eccone uno stralcio: «Chissà se a Giorgio Caproni, poeta e raffinato traduttore di opere letterarie francesi, capitò mai di imbattersi nelle prime pagine di Véronique, il testo su cui Charles Péguy lavorò dal 1909 fino alla morte, nel 1914.

In quell’incipit, lo scrittore di Orléans assimila il genio di Victor Hugo allo sguardo del bambino, capace di “vedere il mondo come se fosse stato appena fatto”, di osservare “la luna e le stelle in modo più poetico, cioè più originario, più primo, più nativo, più ingenuo”, di “non perdere in stupore e in novità, non perdere questo fiore, se possibile non perdere un atomo di stupore”. Péguy spiega come il “sogno segreto della dominazione dell’uomo dominatore e del pedagogo insito in ogni uomo” sia ridurre lo sguardo “indicibilmente nuovo” del bambino al proprio, “squassato da delusioni, rimorsi, rimpianti, tentativi, come quando ci si accorge che il fiore è volato via dalla carta e che non ritornerà più”.

Caproni, in un’intervista del 1986, spiegava che, “come al bambino, al poeta non sfugge nulla: né la formica né l’ingiustizia, né la lucertoletta né il sopruso”. L’infanzia, continuava Caproni, “è la sola età pura dell’uomo”, durante la quale il suo cuore e il suo cervello “non sono ancora intorbiditi o intorpiditi da preoccupazioni o mire ‘pratiche’ di lucro, di carriera, di successo, ecc., spinte oltre la loro giusta misura, quando ancora la personalità dell’uomo non è schiacciata dal compressore delle convenzioni, e conserva intatta la propria libertà”.

Poeta e bambino: come Péguy, anche Caproni considerava sinonimi i due termini, avendo sperimentato concretamente per quasi quarant’anni tale affinità semantica». Anche secondo l’evangelo il bambino conserva la sua innocenza. Forse proprio per questo Gesù accoglie i fanciulli: «Gesù chiamò a sé i bambini, e disse: “Lasciate i piccoli fanciulli venire a me, e non glielo vietate, perché di tali è il regno di Dio”» (Luca, 18). Quel reame di Dio che si può gustare proprio qui-e-ora e che consiste in giustizia di Dio, pace con Dio e allegrezza nello Spirito di Dio (Romani, 14). Perciò Gesù, parlando agli adulti, aggiunge: «In verità io vi dico: Se non vi convertite e non diventate come i piccoli fanciulli, non entrerete punto nel regno dei cieli» (Matteo, 18).

La conversione è necessaria proprio a noi adulti. Per questo né Gesù né gli apostoli hanno mai battezzato infanti o bambini, ma sempre e solo adulti credenti e ravveduti dei loro peccati (Atti, 8). La conversione, cioè il cambiamento profondo del proprio modo di pensare e di agire nella vita, è cosa che riguarda specificamente persone adulte. Qualcuno ricorda la conversione dell’Innominato ne I promessi sposi di Manzoni? È un’occasione per rileggere e meditare quel famoso capitolo 21 del romanzo. È un’occasione per tornare indietro sulla strada intrapresa nella vita, per evitare di essere «intorbiditi o intorpiditi» da eccessive preoccupazioni o mire ‘pratiche’ di lucro, carriera, successo.

MA NON C’È PROPRIO NESSUNO CHE VOGLIA RIFLETTERE solo un momento per accorgersi, accorgersi davvero, di come va a finire tutto questo? Non dovremmo essere un poco più assennati nel considerare quanto certi falsi valori intorbidiscano e intorpidiscano la nostra percezione dell’esistenza? Scrive Paolo apostolo: «Fratelli, non comportatevi da bambini nei giudizi; siate come BAMBINI QUANTO A MALIZIA, ma uomini maturi quanto ai giudizi» (1 Corinzi, 14).

Eppure quante volte la malizia offusca e ubriaca la nostra vista delle cose e, quindi, il nostro giudizio. Ecco perché è necessario tornare a IMPARARE CRISTO GESÙ, che ci guida sulla via della benignità e della dolcezza, che allevia le nostre amarezze con la sua parola incoraggiante e buona. Ma come possiamo imparare questa parola buona se non la conosciamo o se la conosciamo solo per sentito dire o, peggio, la conosciamo dall’uso che ne fa addirittura la pubblicità (!). Solo la meravigliosa parola/esempio di Gesù, contenuti nel Nuovo Testamento, consentono alla persona adulta di riconquistare quella freschezza degli occhi e quella bellezza dell’animo che ci rendono sensibili «alla lucertoletta come al sopruso».

Chi non crede, ma anche CHI CREDE DI CREDERE, tutti abbiamo bisogno di tornare all’autorità autorevole di Cristo «affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l’inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell’errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nell’amore, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo» (Efesini, 4).

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Roberto Tondelli (Libertà Sicilia, 02 2020) cnt2000@alice.it

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