Non sarà mai più come prima?! La paura non può essere senza speranza né la speranza senza paura (Spinoza, Etica)
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l''anima e il corpo nella geenna
(Mt 10,28)
In questo specifico momento, dominato dalla cosiddetta pandemia da Covid-19, le paure urtano contro i nostri più rilevanti bisogni di sicurezza sanitaria, alimentare, affettiva, economico-lavorativa e sociale che, in associazione alla restrizione della libertà di movimento, ne fa una vera e propria sciagura planetaria, ingenerando sensazioni di paura collettiva e angoscia.
La grande paura è probabilmente legata al contagio dell’infezione, più che alla sua implicita pericolosità, visto che sono maggiormente letali tante altre patologie, ad esempio: «I dati di mortalità più aggiornati forniti dall’Istat ed elaborati dall’Ufficio Centrale di Statistica dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che si riferiscono al 2008. Le malattie del sistema circolatorio causano 224.482 decessi (97.952 uomini e126.530 donne): quindici sono le cause principali, che spiegano il 65% del totale dei decessi avvenuti nel 2012». Il “nemico” che suscita maggior terrore è quello invisibile, così come riteniamo essere invisibile la realtà spirituale, che miete un numero impressionante di “decessi”, anche fra coloro che si professano credenti. Ma non ne abbiamo timore (Ez. 18,20; Mt 10,28). Forse è per tale motivo che non mostriamo mai o quasi mai paura della pandemia spirituale e morale, come se fossimo incapaci di percepirne l’esistenza, con tutta la sua letale pericolosità. Tendiamo a rimuovere, a “cancellare” dalla coscienza le cause di ciò che ci fa soffrire: non sopportiamo troppa realtà, figuriamoci la Verità.
Ora però ritorniamo col pensiero al periodo attuale. Molti commentatori, a vario titolo, amano enfaticamente affermare che la nostra vita non sarà mai più come prima! Si vuole cioè sottolineare come questa estrema restrizione della libertà, l’angoscia per il contagio non possano non segnarci nel profondo, inducendoci a significativi cambiamenti comportamentali e di stili di vita anche “dopo”. Il concetto implicito riguarda la presunta capacità di apprendimento dall’esperienza passata da parte delle nuove generazioni, in particolare, che però, rispetto all’analisi storica, non pare evidenziarsi.
Riferendoci ad un passato non troppo lontano, abbiamo forse appreso qualcosa dalla Prima o dalla Seconda Guerra Mondiale? Abbiamo forse appreso che lo scontro bellico è uno sciagurato, violento metodo inutile nell’affermazione dei propri interessi o nella risoluzione dei conflitti fra parti? Abbiamo forse appreso che l’economia è in funzione dei bisogni dell’Uomo invece di essere, purtroppo, un “totem” a cui si “sacrificano” gran parte delle comuni vite umane, divenendo la più brutale forma di potere esercitato da una stretta oligarchia di persone? Abbiamo forse appreso dalle iniquità sociali prodotte da tutti i modelli economici fin qui dominanti?
È come se, viaggiando con l’auto ad alta velocità, rallentiamo in prossimità di un brutto incedente avvenuto nell’opposta corsia, magari, inorriditi dal drammatico scenario mortale, rallentiamo fino quasi a fermarci. Lì per lì avvertiamo paura e angoscia. Lì, in quel preciso istante. Poi, lasciandoci dietro il luogo nel grave sinistro, riprendiamo il nostro viaggio a un velocità moderata. Poi, dopo qualche chilometro, aumentiamo la velocità come se nulla fosse accaduto, fino a dimenticare la “lezione” di prudenza che avremmo dovuto apprendere da quel brutto incidente, di cui siamo stati spettatori alcuni chilometri prima. Se ciò è vero per queste realtà concrete, figuriamoci per l’invisibile regno spirituale, il cui Signore rimane ancora più invisibile, considerando che la sua Parola rimane inascoltata o inosservata, come accade nel mondo dei credenti. Così vorremmo evidenziare due forme principale nella violazione della Parola di Cristo.
Una consiste nella negazione dell’esistenza della Divinità, che si esprime con il concetto di ateismo; l’altra, altrettanto fatale, riguarda l’inosservanza, anche parziale, dei Suoi insegnamenti o, addirittura, cosa ancora più grave, l’adulterazione, cosciente o involontaria, della sua volontà. Nel caso dell’ateismo (Rm 1,21) si tratta di sostenere una condizione che esclude a priori il legame con Dio (Eb 11,1ss): e, per quanto si possa essere eruditi, “Lo stolto pensa: non c’è Dio” (Sl 14,1); nel caso dell’inosservanza potremmo didatticamente distinguere in: (a) peccato: quando come credenti o sedicenti tali, facciamo nostra la parola del Cristo, ma la trasgrediamo per la nostra debolezza; (b) errore dottrinale: quando come credenti, volontariamente, strumentalmente, o con genuina convinzione e senza conoscenza (Rm 10,2) adulteriamo la Parola, o vi aggiungiamo qualcosa di estraneo o ne sottraiamo qualcos’altro o, ancora, quando le tradizioni umane assumono rilevanza di “legge divina” (Mc 7, 6-8). La distinzione, ripeto, è semplicemente didattica, non sostanziale. Se è vero che Dio non esiste, allora questo mondo, sopraffatto da tali profonde, costanti e inestirpabili prevaricazioni non ha via d’uscita. L’uomo stesso ne è il demone. E anche nel caso contrario, il “principe di questo mondo” se non è l’uomo, con la sua propria malvagità, è Satana, che si “traveste da angelo di luce” (2 Cor 11,14-15).
La Storia ci insegna che ciclicamente, di generazione in generazione, come fossimo inabili ad apprendere dall’esperienza dei tanti tragici, drammatici fenomeni sociali, i drammi umani sono sempre presenti, così come le ingiustizie (Mt 26,11), le tirannie (Mt 20,25), le epidemie che potrebbero insorgere in relazione al nefasto impatto dei fattori spirituale, etico e morale, prima sui rapporti fra esseri umani e poi rispetto all’ambiente che ci circonda.
La conseguenza è l’alterazione degli equilibri tra l’Uomo (creatura) ed il Creato (Natura), attuale oggetto di ricerca scientifica. Del resto, anche la Storia del popolo ebraico ci conferma fin dall’inizio questo ciclico “schema ad elastico”, che emerge subito dopo la liberazione dalla schiavitù in Egitto (Es cc. 32 e 33); poi quando Israele volle un re, come l’avevano tutti i popoli della terra (1 Sam 8,1-9); più tardi quando le autorità religiose rifiutarono il Messia e il Nuovo Patto (Mt 26,2-4; 27,18; Gv 11,49).
C’è un episodio esemplificativo che è narrato nel libro dei Numeri (cc. 13 - 14). Dietro consiglio di Dio, Mosè invia dodici esploratori per visionare Canaan, uno per ogni tribù. Il resoconto di dieci esploratori, infarcito di paure, contagiò tutto il popolo, che non volle più combattere per la terra promessa. Solo due esploratori, Giosuè e Caleb, confidando nell’Eterno, ridimensionarono le difficoltà ingigantite dagli altri. Il popolo comprese di aver commesso un grave peccato, avendo “sfiduciato” Dio. Così, nel tentativo di rimediare, decisero di tentare l’invasione della Palestina. Ma la cosa andò male, perché avevano disubbidito a Dio. Lo “schema umano”, di fronte alle “grandi paure”, non è cambiato, nemmeno nella relazione col Cristo, benché il Signore sia “lo stesso ieri, oggi e in eterno” (Eb 13,8).
Maurizio Santopietro
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