EUROPA: SENZA "DIO" O CON "DIO"?
La Costituzione e la Parola «Dio»Il Papa ha richiesto che Dio sia citato nella futura costituzione europea, con richiami alle radici cristiane d’Europa. Wojtyla ha chiesto che nella costituzione della U.E. si dia spazio ai valori religiosi e al patrimonio cristiano che accomunano Oriente e Occidente. Ciò «aiuterà a preservare l’Europa dal duplice rischio del laicismo ideologico e dell’integralismo settario» (la Repubblica, 17.02.2003). Il laicismo ideologico fu, ad esempio, caratteristica dell’ateismo dei regimi comunisti; l’integralismo settario fu tipico, per esempio, di quei governi che cercarono di attuare il regno di Dio in terra; si pensi al governo instaurato da Giovanni Calvino a Ginevra, ma si pensi anche al genere di governo del Papa-Re nell’ottocento italiano. In ogni caso la richiesta del Papa fa riflettere.Quasi nessuna costituzione dei Paesi europei contiene riferimenti religiosi di alcun genere. La costituzione americana vieta espressamente al congresso di emanare leggi per il riconoscimento di qualsiasi religione. Sarebbe perciò piuttosto strano che nella costituzione europea vi fossero riferimenti a quei valori religiosi.Una seconda riflessione è che quando si parla di «radici cristiane» bisognerebbe intendersi bene perché, ad esempio, nei primi mille anni di storia dopo Cristo sarebbe ben difficile trovare il cattolicesimo quale noi lo conosciamo oggi. E poi: il cristianesimo è solo il cattolicesimo o un’altra cosa, un poco più vasta? Bisognerebbe, ad esempio, considerare le chiese ortodosse, che si divisero da Roma intorno al mille. Occorrerebbe tener conto delle chiese cristiane della Riforma, la anglicana, la battista, la calvinista, la metodista, la valdese, la quacchera, ed altre. A proposito della costituzione di una «Europa», non va dimenticato ad esempio il grande impulso dato proprio dalla comunità Quacchera inglese per l’abolizione della schiavitù, prima praticata su larga scala in tutte le nazioni europee come pure in America. Non si dovrebbero tralasciare gruppi religiosi come gli anabattisti, gli avventisti, l’esercito della salvezza, i pentecostali, gli evangelici; né trascurare i cosiddetti eretici: catari, albigesi, docetisti, donatisti, giansenisti, iconoclasti, nestoriani…Una riflessione amara è che forse non basta citare il nome di «Dio» o far riferimento ai «valori cristiani» per cambiare la realtà. L’Europa, purtroppo, appare oggi costituita da cittadini che sono cristiani di nome, atei praticanti di fatto. La gente o non crede a nulla, o crede di non credere a nulla, o crede di credere, oppure crede ciò che vuol credere, anche se si tratta di favole, visioni e mistificazioni che servono solo a riempire coscienze troppo vuote per pensare, anzi per imparare a pensare attraverso l’uso umile del Vangelo. Radici dell’Europa cristianaIl nome Europa deriva da Erebu, parola che nell’antichissima lingua accadica significava Terra del tramonto. L’accadico fu una lingua che fiorì in Mesopotamia, l’odierno Iraq: com’è piccolo il mondo... Ma se vogliamo ritrovare davvero le radici del Cristianesimo in Europa non dobbiamo andare così lontano. Basta entrare in libreria e prendere una buona edizione della Bibbia, in particolare del Nuovo Testamento.Qui leggeremo, ad esempio, il libro degli Atti degli Apostoli e scopriremo che la prima città europea ad essere evangelizzata fu Filippi. L’apostolo Paolo vi predicò il Vangelo intorno alla metà del primo secolo. Qui si formò una bella comunità di persone che avevano imparato a confidare in Gesù il Signore, Figlio del Dio Vivente. Erano discepoli convertiti attraverso la rinascita battesimale attuata per fede nel nome di Cristo.La parola discepoli non era fittizia, ma significativa del fatto che seguivano davvero i princìpi del Vangelo, imparavano sul testo biblico come pensare e come comportarsi nella vita quotidiana. Vivevano in un impero perennemente in guerra, ma erano persone dedicate a proporre la pace in Gesù. Amavano il prossimo, non avevano alcuna forma di chiesa istituzionale, non si davano al proselitismo, non si vantavano del bene che facevano. Per loro contava l’esempio. Erano privi di strutture ecclesiastiche, ma erano dotati della verità umile che è in Cristo Gesù soltanto.Si riunivano, esaminavano il testo biblico, che amavano e dal quale traevano conforto e riflessione per questa vita e per l’altra. I loro luoghi di riunione erano semplici, non addobbati di arte sacra o di offerte votive, il loro culto era fatto di inni e preghiere sinceri, si riunivano per «spezzare il pane» assieme, per lodare la Parola di Dio e per amore di quel Dio che li aveva liberati dai loro peccati.Le prime comunità di credenti furono guidate da fratelli con più esperienza nella fede, che spesso dettero la vita per testimoniare la propria fiducia in Gesù. Fu solo nel quarto secolo, con Costantino, che si attuò la strana unione tra chiesa e impero (religione e politica). E bisognò attendere vari secoli per iniziare ad avere le prime lotte per la supremazia del vescovo di Roma.
È possibile oggi ritrovare quelle radici buone e profonde del cristianesimo? Forse sì. Le si ritrovano di certo nei fatti tracciati nelle pagine del Vangelo. Un apostolo scrive che in questi Scritti troviamo «la mente di Cristo». Il cardinale Martini scriveva che si dovrebbe ritrovare la familiarità con gli Scritti del Vangelo per tornare ad essere davvero «persone pensanti». C’è da augurarselo. [RT]
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